Siamo nel XVIII secolo e ci troviamo nella città di Jesi, centro musicale molto attivo in questi anni, dove la conoscenza della musica è largamente diffusa, in particolare lo studio del violino. Proprio qui nasce e vive la sua infanzia Giovanni Battista Pergolesi, musicista innovatore dell’epoca barocca, violinista, organista e geniale compositore, forse il primo a raggiungere in brevissimo tempo fama universale in tutt’Europa.
Nonostante abbia vissuto solo 26 anni è considerato tra i massimi rappresentanti della scuola musicale napoletana, nel corso della storia le sue opere hanno suscitato l’interesse dei più grandi maestri, primo tra tutti Johann Sebastian Bach.
Pergolesi compose opere serie e musica sacra, ma è nell’opera buffa che è considerato assoluto innovatore, in particolare l’intermezzo “La serva padrona” diventerà il modello per la nuova opera buffa italiana.
Le sue composizioni vengono eseguite ancora oggi in tutto il mondo e la sua musica impreziosisce numerosissime colonne sonore di spot pubblicitari e grandi produzioni cinematografiche, come ad esempio “Amadeus” di Milos Forman e “Dogville” di Lars von Trier.
Una curiosità, Pergolesi ha un asteroide che porta il suo nome! In onore del musicista infatti, l’asteroide 6624 P-L è stato denominato 7622 Pergolesi.
L’itinerario che tracceremo ci condurrà in provincia di Ancona, per le vie della città di Jesi alla scoperta dei suoi luoghi, della sua storia e della sua musica. Per chi ancora non lo conoscesse, o semplicemente per vivere un’esperienza più immersiva, suggeriamo di munirsi di smartphone e cuffiette per percorrere l’itinerario ascoltando qualche sua opera (online c’è tantissima scelta, comprese diverse playlist), sfruttando così uno dei superpoteri che ha la musica, quello di trasportarti immediatamente nel clima e nell’atmosfera di un’epoca.
Inizieremo e idealmente concluderemo il nostro viaggio nel Teatro che porta il suo nome.
Teatro Giovanni Battista Pergolesi e Sale Pergolesiane
Venne inaugurato nel carnevale del 1798 come Teatro della Concordia e solo nel 1883 acquisì il nome definitivo “Giovanni Battista Pergolesi”. Lo abbiamo scelto come PRIMA TAPPA del nostro percorso perché all’interno della Galleria del Teatro dal 2001 sono aperte come esposizione permanente le Sale Pergolesiane, uno spazio della memoria, il luogo ideale per chi desidera scoprire di più sul musicista jesino. In quattro tappe viene descritto e documentato il suo percorso artistico che inizia a Jesi ma si espande a Napoli, città che all’epoca veniva definita la capitale mondiale della musica, per terminare a Pozzuoli, luogo dove Pergolesi morì nel 1736.
Diversi busti e diversi ritratti fanno bella mostra di sé nelle Sale Pergolesiane, ma nessuno riporta le vere sembianze del musicista. Già dalla metà del settecento Pergolesi era considerato un mito, ma all’epoca, in assenza di documenti e testimonianze dirette su di lui, la sua musica, la sua storia e il suo aspetto diventarono leggenda. È solo grazie ad una caricatura disegnata dal vivo da Pier Leone Ghezzi, celebre caricaturista e pittore di origine marchigiana, che possiamo farci un’idea di che aspetto avesse il musicista.
Nel disegno, in basso a sinistra, la nota dell’autore: “Sig. Pergolese compositore di Musica Napoletano il quale è bravo assai et è morto a Napoli il dì 8 febbraio 1736 et era patito assai nella Gamba manca che lo faceva andar zoppo.”
Dopo questa prima importante tappa ci incamminiamo per le vie del centro storico per ripercorrere gli anni in cui il musicista qui visse e operò.
Per le vie di Jesi, la città di Pergolesi
Usciti dal teatro e attraversata Piazza della Repubblica, proseguiamo verso destra, passiamo sotto l’Arco del Magistrato e imbocchiamo via Pergolesi. Oltrepassata Piazza Colocci, dopo pochi passi sulla sinistra troviamo Piazza Ghislieri, la SECONDA TAPPA del nostro itinerario. Qui uno degli edifici riporta la targa in memoria del luogo dove un tempo sorgeva la casa dove Giovanni Battista Draghi vide la luce il 4 gennaio 1710. Suo nonno, il calzolaio Cruciano Draghi, era di Pergola, in provincia di Pesaro Urbino, ma si trasferì a Jesi e mise su famiglia, i cosiddetti “Pergolesi”. Da qui deriva il cognome con il quale il musicista è conosciuto.
Poco si sa dell’ambiente familiare in cui trascorse la sua infanzia e la prima giovinezza. È certo invece che tutta la sua famiglia doveva essere minata dalla tubercolosi. I suoi due fratelli e l’unica sorella morirono in giovanissima età e i suoi genitori si spensero giovani e a pochi anni l’uno dall’altra, la madre nel 1727, il padre nel 1732. Fin da fanciullo, Giovanni Battista fu di salute cagionevole, probabilmente furono la spina bifida o una forma di poliomielite a provocargli l’anchilosi della gamba sinistra che il Ghezzi ci mostra nella sua caricatura.
Proseguiamo ancora per pochi passi e su via Pergolesi si apre davanti a noi Piazza Federico II. Proprio di fronte, in fondo alla piazza, si trova la nostra TERZA TAPPA: la Cattedrale dedicata a San Settimio, primo vescovo di Jesi e patrono della città, dove è conservato il fonte battesimale nel quale fu battezzato Pergolesi.
È per queste vie, magari proprio in questa piazza, che il giovane deve aver ascoltato per la prima volta il suono di un violino, ed è in questi luoghi che ne iniziò lui stesso la pratica sotto la guida di maestri locali come Francesco Mondini e Gabriele Ripanti. Ed è infatti Palazzo Ripanti, situato anch’esso in Piazza Federico II, la nostra QUARTA TAPPA .
L’edificio ospita oggi il Museo Diocesano, ma all’epoca era la residenza del nobile jesino dilettante di musica che amava avere il giovane Giovanni Battista a palazzo per suonare con lui. I suoi progressi furono molto rapidi sia nella pratica del violino che in composizione, che studiò con Francesco Santi, Maestro di Cappella presso la Cattedrale. Grazie al suo talento e all’appoggio dei nobili intellettuali della città, il giovane poté trasferirsi a Napoli per perfezionare le sue capacità al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo.
Il nostro itinerario prosegue e da Piazza Federico II ripercorriamo a ritroso via Pergolesi, attraversiamo piazza della Repubblica e imbocchiamo Corso Giacomo Matteotti diretti verso la nostra QUINTA TAPPA: Piazza Pergolesi con l’imponente monumento a lui dedicato.
Allo stesso modo in cui questo tragitto ci porta dai suoi luoghi d’infanzia fino al luogo che infine ne celebra il genio, così anche il nostro racconto segue il periodo in cui il giovane musicista lasciò Jesi per studiare in conservatorio a Napoli, proseguendo poi con i pochi ma luminosi anni di carriera artistica.
Napoli in quegli anni era una delle città più vivaci dal punto di vista musicale, l’ambiente del conservatorio era ricco di stimoli e di suggestioni e Giovanni Battista era molto impegnato in attività a servizio dell’Istituto, come cantore, come violinista e come capoparanza, cioè direttore di un gruppo di allievi. Sin dal conservatorio fu anche un artista irrefrenabile, scrisse sonate di violino, cantate, oratori, opere serie, buffe, intermedi, messe, vespri e mottetti. Si diplomò nel 1731 a 21 anni e uno dei maestri che fu determinante per il suo futuro fu Leonardo Vinci, maestro dell’opera buffa napoletana.
Tra i suoi tanti lavori composti tra Napoli, Roma e Pozzuoli che ebbero successo immediato citiamo la composizione contenuta nell’opera seria “Il prigioniero superbo”, ovvero l’intermezzo buffo in due atti “La serva padrona”. Questo è forse il lascito più importante di Giovanni Battista Pergolesi, è eseguito ancora oggi nei programmi dei maggiori teatri del mondo e alla sua prima rappresentazione, nel 1733, è attribuito a tutti gli effetti l’inizio del nuovo genere dell’opera buffa.
Siamo giunti ormai in Piazza Pergolesi e ci troviamo al cospetto del monumento a lui dedicato risalente al 1910 ad opera di Alessandro Lazzerini, che raffigura il musicista nell’atto di modulare un concertino vocale e strumentale con figure allegoriche che rappresentano il Canto e il Suono. Due mascheroncini simboleggiano la Tragedia e la Commedia e un bassorilievo allude all’Amore e alla Morte.
Lo “Stabat Mater” e il più grande Amen di tutta la musica
Ed è proprio con i giorni che precedono la sua morte a Pozzuoli che la tradizione vuole far coincidere il suo componimento più conosciuto, lo “Stabat Mater” per orchestra d’archi, soprano e contralto.
Con i 12 brani musicati sul testo di Jacopone da Todi, Pergolesi ci descrive la Passione di Cristo attraverso gli occhi di Maria, sua Madre. All’epoca fu considerato un capolavoro assoluto, il canto del cigno dell’artista che però mai lo ascoltò eseguito in quanto, a causa della tubercolosi, si spense a soli 26 anni il 16 marzo 1736.
La composizione venne pubblicata a Londra nel 1749 e conta un’infinità di copie manoscritte ed edizioni a stampa, probabilmente è l’opera più stampata del XVIII secolo. Fu inoltre termine di paragone e ideale stilistico della musica sacra per intere generazioni di compositori e ancora oggi è largamente eseguito e apprezzato in tutto il mondo. L’amen finale dello “Stabat Mater” di Pergolesi è stato anche definito come il più grande Amen di tutta la musica.
Le ultime parole scritte da Giovanni Battista nel manoscritto originale del suo “Stabat Mater” furono “Finis Laus Deo” (Fine, lode a Dio) e misero il sigillo non solo sul suo capolavoro ma anche sulla sua breve esistenza.
Festival Pergolesi Spontini
“Salti di gioia” 26 luglio – 26 settembre 2023
Per la nostra SESTA E ULTIMA TAPPA torniamo, anche se solo idealmente, in Teatro.
Ad occuparsi della sua gestione e degli spettacoli dal vivo è dal 2005 la Fondazione Pergolesi Spontini, che prende il nome dai due grandi compositori marchigiani nati entrambi nella Vallesina: Pergolesi e Gaspare Spontini (1774-1851) esponente del Classicismo e originario del vicino comune di Maiolati, oggi Maiolati Spontini.
La Fondazione, nell’impegno di arricchire e sviluppare questa grande eredità artistica e culturale, propone svariate attività come Progetti Educativi e Visite Guidate (tra le quali una dedicata proprio ai luoghi pergolesiani), organizza Concerti ed importanti eventi artistici come la Stagione Lirica di Tradizione e il Pergolesi Spontini Festival. Quest’ultimo è giunto quest’anno alla XXIII edizione e prevede 30 appuntamenti per 4 percorsi tematici: dal barocco al classico, dal jazz fino ai confini del pop, al festival con mamma e papà e non solo musica: vino, danza, letteratura e inclusione sociale.