Eclettico, frizzante e creativo: questi sono i tre aggettivi che descrivono la personalità travolgente di Moreno Cedroni, chef stellato di Senigallia (AN) che è diventato Ambasciatore ufficiale dell’Expo2015 nel mondo. Le sue ricette sono conosciute ovunque, le sue teorie sul cibo si trovano scritte sui libri pubblicati da lui stesso e ogni volta che si assapora un suo piatto si rimane estasiati dai sapori e dagli odori che, letteralmente, esplodono nel palato.
Non potevamo che intervistarlo per capire come, giorno dopo giorno, sia diventato uno degli chef più apprezzati al mondo. Leggete qui e scoprirete la sua storia.
Da Senigallia ai vertici della cucina internazionale fino a diventare ambasciatore dell’Italia nel mondo. Quando hai iniziato la tua carriera e quali sono stati i tuoi primi passi?
Quando avevo quattordici anni dentro di me sono iniziate diverse carriere, una frequentando l’istituto nautico, per la mia passione verso il mare, e l’altra di cameriere presso il ristorantino da Nella. Poi finita la scuola, l’altra passione prese il sopravvento ed a soli vent’anni, nel 1984 aprii la Madonnina del pescatore, un piccolo ristorante pizzeria. Poi nel ’90 , dopo aver conosciuto Mariella ho deciso di esplorare una nuova passione, quella della cucina, e con umiltà entrai in cucina, i primi due anni senza la giacca da cuoco, perché sentivo di non meritarla. Ogni giorno vedevo segnali della mia grande passione per la cucina, poi tanto studio, tanti corsi e inaspettatamente la prima stella nel 1996. Poi nel 1997 un colpo di fortuna, un treno che non puoi perdere, uno stage da Ferran Adria, il cuoco che ha cambiato modo di mangiare al mondo, e da lì è iniziato il mio nuovo percorso, che mi ha portato anche a realizzare tante nuove idee, tipo il Clandestino a Portonovo , Anikò la salumeria di pesce a Senigallia , e l’officina con l’immortalità del cibo.
La tua cucina affonda le radici nelle ricette tradizionali reinterpretate in chiave contemporanea. Dove trai ispirazione per i tuoi piatti?
Le prime ispirazioni sono state le cucine della nonna e della mamma, che interpretavano le ricette marchigiane alla perfezione, con quelle ho fatto le fondamenta del mio menu. Poi i viaggi, le scoperte di nuovi sapori, di nuovi prodotti, di nuove tecniche hanno portato all’evoluzione di un menù moderno, creativo, che però non dimentica le origini. Elementi fondamentali per alimentare la creatività sono la stagionalità dei prodotti, l’introduzione di nuovi ingredienti e la creazione di menu a tema, come succede al Clandestino.
Le Marche sono una delle regioni più longeve d’Italia grazie all’alta qualità della vita e al buon cibo. Da anni teorizzi l’ “Immortalità del cibo”, ovvero “fare cose buone a lunga scadenza”, ci potresti spiegare meglio questo concetto?
Nelle Marche si mangia bene e sano dappertutto, le nostre ricette tradizionali sono buone, gustose, leggere e proprio per questo alcune le ho volute rendere immortali, mettendole in scatola e preservando quel sapore per almeno 5 anni, cuocendole a 120 gradi, una tecnica inventata da Pasteur nei primi del 900.
Qual è il piatto della tradizione marchigiana che ami di più e ricorda di più le tue radici?
Sicuramente il brodetto, mia madre lo metteva anche nel biberon.