Nel comune di Genga, a pochi chilometri dalle famose Grotte di Frasassi, nel suggestivo scenario della Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, svetta imponente l’Abbazia di San Vittore delle Chiuse, una delle più importanti chiese in stile romanico delle Marche. Un luogo di culto immerso nel verde, dove l’architettura e l’ambiente si fondono in totale armonia, trasmettendo un senso di profonda pace e tranquillità.
Quest’abbazia, protetta all’interno di un “anfiteatro” di montagne, custodisce un mistero ancora da risolvere. Ad aver attirato l’attenzione di molti studiosi, alcune sue caratteristiche architettoniche e la misteriosa presenza di un simbolo posto vicino alla pala sinistra dell’altare. Tutto questo potrebbe unire le sorti di quattro chiese marchigiane datate tra l’XI e il XII secolo che rappresentano un “unicum” nella nostra regione.
Dove si trova l’Abbazia di San Vittore delle Chiuse
L’abbazia, costruita in pietra calcarea, si trova a Genga, nella frazione di San Vittore, in prossimità di un ponte romano sul fiume Sentino, contraddistinto da una torre quadrangolare di difesa medievale. Rimarrete ammaliati dallo splendido scenario paesaggistico, e vi darà come l’impressione che l’abbazia sia a presidio dell’imbocco dell’angusta gola di Frasassi.
La facciata dell’edificio presenta una torre cilindrica e un alto torrione quadrangolare; elementi architettonici che le conferiscono l’aspetto di una fortezza.
Entrando, è possibile riconoscere una pianta a croce greca inscritta in un quadrato; quattro grandi colonne suddividono le tre spoglie navate in nove campate, otto delle quali sovrastate da volte a crociera. La campata centrale è invece l’unica a essere sovrastata da una cupola, protetta esternamente da un tiburio ottagonale. L’interno è poco illuminato e privo di decorazioni, scandito da archi a tutto sesto.
Il bellissimo edificio romanico a croce greca, ha annessa un’Abbazia che è ora adibita a Museo Speleo Paleontologico ed Archeologico, nel quale è custodito il fossile di ittiosauro, un rettile di ambiente marino che visse durante l’Era Mesozoica. Il complesso si inserisce perfettamente in un piccolo borgo dove si può godere di terme, ristoranti ed alberghi, in totale armonia con la natura circostante.
Origine del nome dell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse
L’abbazia romanica di San Vittore delle Chiuse venne edificata dai longobardi verso la fine del X secolo all’inizio della Gola di Frasassi, all’interno di un “anfiteatro” di montagne dalle quali risulta completamente circondata. Si dice che lo stesso nome “delle Chiuse” (Rave di Clusis) le sia stato attribuito proprio per questo motivo, perché risultava “chiusa” trai monti, come se la proteggessero nascondendola.
La Storia dell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse
L’abbazia che possiamo ammirare oggi venne probabilmente edificata tra il 1060 e il 1080, pur essendo documentata sin dal 1007 l’esistenza di un Monasterium de Victorianum.
Il monastero era anticamente intitolato a San Benedetto, Santa Maria e San Vittore in fundo Victoriano, toponimo che, secondo alcuni studiosi, potrebbe far riferimento all’antico tempio di Jupiter Victor eretto a seguito della battaglia di Sentino del 295 a.C. Si tratta tuttavia di un’ipotesi non accertata; la dedicazione a San Vittore potrebbe derivare dalla denominazione con la quale, già dall’epoca romana, era indicato quel territorio, per l’appunto Victorianum.
Solo in dei documenti successivi, datati 1085, sono citate le cinque consacrazioni della chiesa, oltre a Santa Maria e ai santi Benedetto e Vittore, anche i santi Biagio e Nicola; nel corso dei secoli le altre dedicazioni sono cadute in disuso ed è stata mantenuta solo quella a San Vittore.
Bisognerà attendere il 1110 per veder comparire in un documento, in aggiunta al nome, la specifica de clusa e solo nel 1234 il plurale de clusis, probabilmente con riferimento al territorio nel quale l’abbazia è situata, cioè le chiuse della Gola di Frasassi.
Il convento conobbe il suo periodo di massimo splendore nel XIII secolo, arrivando a esercitare la sua giurisdizione su quarantadue chiese circostanti e su vasti terreni; nel XV secolo l’Abbazia, dopo un lungo declino, fu abbandonata ed è per questo che, a oggi, del complesso monastico non rimane quasi nulla.
Dopo un lungo periodo di abbandono, all’inizio del XIX secolo venne riconvertita a fienile e stalla, per poi dare il via, dal 1830 e soprattutto nel ‘900, ai numerosi restauri che hanno riportato alla luce e restituito onore all’architettura originaria.
Le origini misteriose dell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse
Alcune caratteristiche architettoniche della struttura hanno interessato gli studiosi che negli anni hanno cercato risposte in merito alle influenze negli stili architettonici.
La pianta a croce greca iscritta in un quadrato, la facciata con le due torri, la disposizione delle absidi (cinque, semicircolari disposte una su ciascun fianco e tre sul lato absidale a oriente) la assimilano a una serie di chiese marchigiane con struttura simile (Santa Croce di Sassoferrato, Santa Maria delle Moje a Jesi e San Claudio al Chienti a Corridonia).
Questi edifici vengono definiti dagli studiosi deuterobizantini poiché si rifarebbero a modelli tipici dell’arte del secondo periodo aureo dell’Impero Bizantino. Come questo modello architettonico sia arrivato nelle Marche, è ancora oggi un mistero, ma s’ipotizzano contatti tra la nostra regione e l’area greco-bizantina oppure attraverso mediazioni di Venezia o Ravenna.
Negli ultimi anni anche un’altra ipotesi è portata avanti dagli studiosi: il modello architettonico dell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse potrebbe avere derivazioni di origine nordica poiché la struttura sembra essere vagamente rintracciabile in chiese tedesche, normanne e lombarde. Propria dell’architettura lombarda anche la sobrietà dell’esterno della struttura, che presenta soltanto archetti ciechi e lesene.
Simbolismo all’interno dell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse
L’abbazia di San Vittore delle Chiuse rappresenta un luogo da esplorare alla ricerca di tranquillità e pace. Oltre alle origini ancora avvolte nel mistero, anche un altro aspetto incuriosisce studiosi e visitatori: sulla parete vicino alla porta sinistra dell’altare, è ben visibile, inciso nella pietra, un otto o un simbolo dell’infinito rovesciato. Diverse le ipotesi, da quelle che lo inquadrano come rimando alla possibilità di raggiungere l’infinito grazie alla fede a quelle che invece lo riconducono al passaggio dei Templari.
Questo segno è solo una piccola parte del mistero che avvolge l’Abbazia di San Vittore delle Chiuse di Genga, per scoprirne di più non vi resta che recarvi a conoscere uno dei tesori nel Parco Naturale della Gola Rossa e di Frasassi.
Foto di copertina di Alessandra Bazzucchini @_echoes (da Instagram)
buono per un approccio, necessario approfondimento in loco.
Grazie
grazie per la comunicazione interessantissima. grazie di nuovo.
Molto molto interessante mi piacerebbe approfondire ulteriormente l’argomento soprattutto l’origine della chiesa .