Oggi il Ponticello Trekking ci accompagna attraverso un’emozionante esperienza a piedi nei dintorni di Amandola, lungo la vecchia linea ferroviaria che collegava il paese con Porto San Giorgio. Godetevi il racconto scritto per il nostro blog da Alessandro Galloppa e date un’occhiata alle prossime attività del Ponticello. Se volete ripercorrere lo stesso tracciato di questo itinerario, la prossima camminata è programmata per il 5 giugno 2016. Buona lettura e buon cammino!
Si parte dall’antica stazione di Amandola
Le nuvole corrono in cielo e sul vecchio edificio la luce del sole si accende e si spegne illuminando la facciata scrostata color ocra. Alla grande scritta “Stazione” nera e tracciata in caratteri d’epoca, manca la E. Sopra, un’altra scritta più piccola oscilla tra un blu scuro quando resta nell’ombra, e un acceso viola quando un raggio di sole torna a caderci. La scritta recita “Ferrovia Elettrica Porto San Giorgio – Fermo – Amandola” e il cammino comincia proprio da qui: dalla vecchia stazione di Amandola, capolinea rudere di quello che era il collegamento ferroviario dal mare Adriatico ai Monti Sibillini. Fu realizzato a inizio novecento, seguendo l’idea valida e necessaria, di favorire lo sviluppo di un entroterra arretrato e periferico attraverso un collegamento all’avanguardia. Su progetto dell’Ing. Besenzanica, si impiegarono circa cinque anni per realizzare la ferrovia, che fu poi elettrificata nel 1928 e dismessa definitivamente nel 1956. Lungo il percorso verso la costa, solo in alcuni tratti percorribile, sono ancora disseminate le tracce residue di quell’opera, oltre agli edifici delle stazioni, alcuni abbandonati altri oggetto di restauro e riqualificazione, non è raro trovare caselli e ponti anche ben conservati. Lascio il lato della stazione su cui incombono i palazzi dei primi anni ‘70, per andare su quello che dà verso le campagne. Sullo spiazzo è stato ricavato un orto, e il colore aranciato sbiadito fa un bel contrasto con i verdi dell’insalata e del cavolfiore. Al muro ancora degli stupendi lampioncini d’epoca che tradiscono l’inevitabile influenza liberty, alla finestra una tenda si scosta.
I passi continuano sulla strada piana che cinquant’anni fa accoglieva i binari, sullo sfondo sempre ben visibile il borgo di impianto medievale, le case lasciano spazio agli orti e ai campi: forse è già campagna o forse no, da una parte una vecchia fonte e la ripida strada che risale al paese, dall’altra l’andare dolce delle colline tappezzate di boschi e campi coltivati, ancora imbiancati i Sibillini in fondo. La sterrata continua in direzione della valle, in lontananza già si scorge una piccola chiesa con l’alto campanile a vela e un bel loggiato che corre intorno. Sono arrivato a Santa Maria a piè d’Agello.
Un visita alla chiesa di Santa Maria a piè d’Agello
Ad aspettarmi sotto il loggiato c’è Luigi Andreozzi del centro culturale Dinos. Un San Cristoforo ci scruta stinto e serioso da un affresco mentre inizia a darmi informazioni preziose su questo luogo: punto di frequente passaggio di pellegrini e mercanti, la chiesa fu costruita nel XV secolo “contra pestem”, come voto cioè per scongiurare una pestilenza. Ma il luogo è di frequentazione molto ma molto più antica. Si pensa passasse di qui un diverticolo della Salaria Gallica che scendeva fino alla romana Firmum, addirittura durante i lavori di costruzione della ferrovia venne fuori la tomba di un guerriero piceno con tutto il suo corredo funerario. Il cielo è ancora mezzo nuvoloso, e se prima era la facciata della stazione a ravvivarsi sotto il sole, adesso è questo fazzoletto di terra ad accendersi nelle parole di Luigi, rivelando le sue molte vite, una sovrapposta all’altra come strati geologici: una vecchia ferrovia sta sopra un’antica e frequentata via di pellegrinaggio che giace a sua volta su sepolture picene. Queste sono le Marche, questa è l’Italia mi dico.
Luigi ha già pronte le chiavi per aprire la chiesa: sull’abside degli affreschi molto ben conservati rappresentano la scena della dormitio virginis, ovvero il momento della morte della Vergine Maria.
È una scena importante mi dice Luigi, la si trova raramente rappresentata perché narrata soltanto in alcuni vangeli apocrifi. Ed è davvero molto bella: la Vergine sembra addormentata in un’espressione quasi sorridente, i discepoli sono raccolti tutti intorno, tutti con gli occhi chinati su di lei. Tutti, tranne uno. Perché Tommaso, tanto per cambiare, non è ancora del tutto convinto. Lui dubita che la Vergine sia stata assunta in cielo, e difatti è l’unico con gli occhi rivolti verso l’alto dove si vede Cristo in trono che tiene sulle gambe una piccola Madonna. Raffigurandola come una bambina, si intendeva accennare al fatto che l’anima che sale in cielo torna a uno stato di assoluta innocenza, propria appunto dell’infanzia. Maria bambina è nell’atto di togliersi una piccola cinta e porgerla all’incredulo Tommaso: una prova che diventa patto di un legame rinnovato tra cielo e terra. Da un lato San Ruffino se ne sta corrucciato con il suo coltello in mano, dall’altra una Maddalena dallo sguardo enigmatico è tutta coperta dai suoi lunghi capelli biondi.
Di nuovo in cammino verso il Lago di San Ruffino
Passerei altro e altro tempo a guardare questi affreschi, ma saluto Luigi e sono di nuovo sulla strada bianca. In pochi minuti arrivo sul dorso di uno dei vecchi ponti della ferrovia: molto ben conservato, imponente ed elegante con i suoi alti archi slanciati. I lati non sono ben protetti, bisogna fare attenzione a non sporgersi, ma lo si può percorrere fino all’altro capo dove lascia spazio a una piccolo vigneto. Quando arrivo trovo un uomo indaffarato a curare la sua vigna, ed è ben contento di prendersi una pausa e attaccare discorso. Ne viene fuori un vino discreto, mi dice asciugandosi la fronte con la mano, non in quantità industriali ma riesce a farselo bastare per il consumo familiare. Ha abbastanza anni per ricordarsela la ferrovia: mi racconta che prima di arrivare a quel ponte il treno aveva da fare una salita che lo impegnava non poco. Cominciava a sbuffare e cigolare, poi rallentava, fino ad andare a passo d’uomo, letteralmente. Difatti alcuni passeggeri avevano tutto il tempo di scendere, acchiappare al volo qualche frutto dai tanti alberi che crescevano accanto ai binari e poi risalire sul vagone.
Ci salutiamo e torno indietro, camminando ancora sul ponte, per riprendere la strada che scende accanto al fiume Tenna. Da qui è molto piacevole arrivare al Lago di San Ruffino, andando tranquilli con un’ora scarsa si arriva al bacino artificiale. Il sentiero costeggia il lago, sullo sfondo gli archi illuminati di un altro ponte, gli aironi bianchi e cenerini pascolano sullo specchio luminoso in cerca di prede, poi si alzano in volo, splendidi e sontuosi nelle loro traiettorie. I passi mi portano ancora avanti fino alla strada asfaltata che va sul dorso della diga, il lago alle spalle, un breve tratto di provinciale e compare l’Abbazia di San Ruffino.
Fra storia e leggende alla scoperta dell’Abbazia di San Ruffino
Di antica fondazione, si parla addirittura del VIII sec., la chiesa è dedicata al Santo martirizzato dai romani: leggenda vuole che Ruffino fu capace in una sola notte di arare cento moggi di terreno, impresa talmente spettacolare per i tanti coltivatori della zona, da farlo eleggere speciale protettore dalle ernie. Tra i locali è ancora viva la pratica di scendere nella cripta della chiesa e camminare carponi sotto l’altare, stando così premuti contro la pietra ormai consunta: la virtù di questa pietra, si crede sia proprio quella di curare ernie, mal di schiena e tutti quei malanni tipici del duro lavoro svolto nei campi.
La cripta merita davvero una visita. Vi si accede da una stretta scala sul lato sinistro della chiesa. Si scendono pochi scalini e si notano due passaggi. Uno è quello che porta alla cripta con le belle colonne, l’altare del Santo e la pietra che cura l’ernia. L’altra apertura porta invece ad una cripta più piccola, scavata direttamente nel tufo, e a giudicare dai resti degli affreschi presenti è l’ambiente più antico di tutto il complesso. Probabilmente era luogo di culto già frequentato in epoca pagana: la presenza nei pressi della chiesa del fiume e di una sorgente di acque termali, fa pensare al culto della Dea Bona. La roccia viva si alterna a muratura, gli affreschi risalenti al IX secolo compaiono con le loro linee rigide ed essenziali: figure di Santi con i loro nomi scritti accanto, tutti rivolti verso una grande mano aperta dentro una nuvola, simbolo di Dio.
La sensazione è proprio quella di stare in una grotta primigenia, in un ventre dal quale si sono generati culti e preghiere. Quanti chilometri ho percorso oggi e quanto dislivello ho accumulato non ha davvero importanza. Relativamente breve il tracciato, ma sorprendentemente capace di fare attraversare le epoche, raccontandole attraverso resti e vestigia, con il paesaggio e la viva voce di chi lo abita e continua a curarlo con mani e voce. Si riesce così ancora a raccontare, rievocare, tramandare, ricordando l’uso di un edificio vecchio di cent’anni, o serbando la chiave del portoncino di una chiesa. O ancora, coltivando una vigna dove si sa che poi l’uva non verrà tutto questo spettacolo, ma che importa. E infine, si riesce a rievocare e tramandare anche così: camminando.
Info utili
- Visita il sito web del Ponticello Trekking
- Scopri tutte le attività organizzate dal Ponticello Trekking
- Dai un’occhiata alla sezione Parchi e natura attiva sul sito della Regione Marche
Ciao, mi interesserebbe sapere altre informazioni su questo sentiero, il livello di difficoltà, i tempi di percorrenza e se c’è la possibilità di ristoro lungo il tragitto o è consigliabile pranzo al sacco.
Grazie per l’attenzione
Ciao Simonetta, per maggiori informazioni ti consigliamo di contattare direttamente gli organizzatori della passeggiata cliccando i link forniti sul post blog. Buona giornata!
Mi piacerebbe tantissimo essere li per fare questo bellisimo percorso di riferimento per il pross 5 giugno anche perche mio povero papa Pompeo nato e vissuto nei pressi della splendida Abbazia, poi espatriato qui in Argentina, ne godeva in modo particolare camminare accanto al lago e il fiumme Tenna. Grazie per il bel ricordo.
Grazie a te per aver condiviso con noi i tuoi ricordi. Per partecipare puoi contattare direttamente gli organizzatori della passeggiata per maggiori informazioni. Buona giornata!